Con tutta la rabbia che ho
Un viaggio per capire e dare senso al proprio malessere interiore quando pensi di aver dato troppo agli altri e tolto a te stessa
Da dove cominciare? Dopo mesi in cui ho avuto la mente impegnata con altre preoccupazioni, negli ultimi giorni è tornato a farsi vivo il senso di rabbia che troppo spesso ho incontrato negli ultimi anni e nella mia vita.
Se penso a me stessa nelle varie fasi della mia vita noto come la mia principale compagna di avventure sia stata la rabbia. Rabbia sempre, costante!
Offuscata da questo sentimento non ho mai cercato di capirne fino in fondo le ragioni, ma oggi non posso più ignorarlo perché da compagna fedele si è trasformata in ostacolo.
Spesso mi è stato detto che sono una persona permalosa e rancorosa, che fa fatica a perdonare le offese arrecategli, ma perdonare non è facile soprattutto quando al senso di rabbia confessato fa seguito da parte degli altri una sorta di riprovazione sociale.
Io la mia rabbia non l'ho mai covata di nascosto, l'ho spesso dichiarata e forse proprio la mancata comprensione da parte degli altri l'ha fatta crescere sempre di più. Spesso ho scritto in questo blog dei mostri nella mia testa che mi parlano e mi sussurrano cose orribili: uno di questi è proprio la rabbia, poi c'è l'ansia, la paura e molto altro.
Perché la rabbia?
Spesso negli ultimi anni mi sono chiesta perché proprio rabbia? La risposta inizialmente non l'ho cercata; oggi sì e penso che dietro a questo senso di rabbia invasivo si celi un profondo senso di inascolto e ingiustizia.
Verso i miei familiari adulti ho sempre provato un profondo senso di rabbia per l'infanzia poco serena che mi hanno costretto a vivere, verso le rinunce che mi hanno costretto a fare.
Poi crescendo con le amicizie le cose non sono andate meglio, dopo anni di rabbia sono riuscita a chiudere il rapporto con la mia amica storica che mi ha più volte tradito e nascosto fatti importanti e soprattutto che nella sua follia ego centrata non ha mai avuto un momento per ascoltare il mio disagio. Credetemi! allontanatevi dalle persone che vedono l'amicizia nell'unica direzione del ricevere senza dare nulla. E proprio da qui si dipana il secondo filone di rabbia.
Ho tanti pensieri che vorrei trasformare in scrittura e che spingono per uscire tutti insieme dall'imbuto che dalla mia mente arriva fino alle mani che che compongono sulla tastiera.
Quindi devo riavvolgere un po' il nastro e parlare degli anni dell'Università. Non vorrei scadere nel vittimismo ma la mia è stata una vita tutt'altro che facile anche se non vado in giro a sbandierarlo, ognuno di noi scala le proprio vette, ognuno di noi ha i propri mostri con i quali combattere.
Comunque provo rabbia per la mia condizione di ragazza di umili origini che mi hanno costretto a passare gli anni dell'Università a casa dei miei zii materni i quali mi hanno offerto vitto e alloggio che non potevo permettermi ad un prezzo che io avevo sottostimato ma che si è rivelato essere in seguito la mia salute mentale. All'inizio, il primo anno di Università, quando la mia mente era ancora lucida e non intorpidita dal male che ne ha fatto seguito stavo quasi per cambiare università, in una città molto più economica.
Decisi di rimanere e questo fu la mia condanna. Ho passato i rimanenti quattro anni in preda a dei carcerieri che mi negavano ogni possibilità di svago con ragazzi della mia età perché pericolosi per la povera ragazza di campagna qual ero. Nessun uscita, solo lo studio e le uscite in loro compagnia (molto più vecchi di me e soprattutto molto poco stimolanti intellettualmente). In Università ho conosciuto diverse persone con cui ho faticato a mantenere dei rapporti nel tempo proprio per questa ragione, cosa che in realtà era successa anche nella prima parte della mia vita, di amicizie da coltivare ne ho avute poche per la mancata possibilità di dedicargli del tempo. Ma gli amici dovrebbero essere tali anche quando non puoi uscire con loro, sbaglio? Forse chi si allontana è destinato ad andare. Che rabbia!
Tornando alle amicizie che vogliono senza dare nulla in cambio, proprio in Università conobbi una ragazza che sulle prime credevo molto simile a me! Per motivi che scoprii molto dopo anche lei faticava ad uscire la sera per eccessive restrizioni familiari. Senza stare a tediare troppo con i dettagli di questo secondo filone di amicizie finite male vi racconterò solo che qualche mese dopo lei si fidanzò con il migliore amico del mio ragazzo e iniziai a scoprire una persona completamente diversa, con segreti anche importanti sul suo modo di essere e di considerare il mondo e gli altri e sulla sua vita. La cosa mi scioccò alquanto ma avrei potuto sorvolare su tutto quanto se ai segreti non avesse fatto seguito la falsità con cui ha gestito l'intera vicenda ignara che io potessi essere a conoscenza di tutto per altre vie.
Da questo punto inizia credo un altro filone di rabbia e incomprensione. Se badate bene nella storia di prima ho fatto cenno ad altri due personaggi: il mio ragazzo e il suo migliore amico. Bene loro dopo aver impiegato solo due anni a capire che ormai il nostro rapporto di amicizia si era incrinato hanno pensato bene di far sentire me come la persona iraconda della situazione incapace di qualsiasi forma di perdono senza dare il minimo peso alle mie ragioni, rea di aver alterato gli equilibri del quartetto e tutti i loro sogni di amicizia e amore. Ma io avevo già imparato a caro prezzo a scegliere con cura le persone alle quali dedicare il tempo prezioso della mia vita, della vita di tutti noi.
Ora a proposito della mia relazione ho due altri filoni di rabbia da esprimere: il primo riguarda le prime fasi del nostro rapporto. Durante gli anni dell'università per pagarmi la retta e i libri per studiare iniziai a lavorare in un bar e penso vi sia facile immaginare che l'unico bar in cui potei lavorare era proprio il posto in cui lavoravano anche i mei zii, per controllarmi meglio! Da brava ingenua iniziai a confidare i dettagli della mia relazione alle mie colleghe del bar che si sono sempre mostrate come care amiche e confidenti ma che alla prima occasione hanno utilizzato quelle informazioni per usarle contro mia zia che inizialmente non vedeva di buon occhio la mia relazione con un ragazzo normalissimo ma demonizzato solo perché a loro estraneo. Altra rabbia, solo rabbia per tutto il bene che ho dato a queste persone e che per rimando hanno accolto senza dare nulla in cambio o peggio ancora hanno dato solo male in cambio.
Veniamo a un periodo più recente, nonostante tutte le difficoltà sul mio percorso mi sono laureata in magistrale con il massimo dei voti ma causa covid non ho potuto festeggiare questo momento importante con la mia famiglia ma almeno non l'ho passato con i miei zii...
Ci sarebbero altri episodi di ingiustizie e torni subiti che mi hanno suscitato l'emozione molto umana della rabbia ma passerei direttamente al mobbing che mi è stato fatto a lavoro, la mia prima e per ora unica esperienza lavorativa post-laurea.
Sinceramente di questo non ho molta voglia di parlare perché la considerazione che ho nei confronti di quelle persone e dei miei capi è molto bassa e credo sia proprio la rabbia che più è sfumata con il passare del tempo.
Come già scritto nel precedente articolo, negli ultimi mesi sono stata molto presa con la malattia rara che ha colpito il mio compagno e fino a qualche giorno fa ero così terrorizzata al solo pensiero che potesse sentirsi di nuovo male che i miei pensieri erano tutti concentrati su di lui e sulla malattia. Ma da un paio di giorni mi sento "più serena" da questo punto di vista e vorrei arrivare all'ultima rabbia che mi assale, quella nei confronti della mia relazione. Dopo il Covid io e il mio compagno siamo andati a convivere ma lui causa il forte disturbo d'ansia che gli ha sempre fatto compagnia ha iniziato ad avere un atteggiamento conservativo, osteggiando ogni iniziativa di rompere la monotonia con impegni che implicassero l'uscire di casa.
Io, ora, a quasi 30 anni vorrei viaggiare, fare le vacanze al mare d'estate, organizzare gite fuori porta nei weekend e ne ho anche la possibilità economica rispetto a quando lavoravo in un bar per pagarmi gli studi. Provo rabbia perché a volte mi sento ingabbiata in questa quotidianità. Vorrei fare tutto! Vorrei vivere a pieno questi anni perché non ho idea di cosa mi riserverà il futuro. I numerosi casi di cancro e malattie varie nella mia cerchia di familiari mi spinge a questa incessante agonia del fare prima che sia troppo tardi.
Da qui il sottotitolo di questo articolo, ho passato tanti anni a dare spazio a persone che non lo meritavano, a far arretrare il mio io per gli altri che non voglio perdere più nemmeno un secondo.
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