Cosa mi ha insegnato uno dei fantasmi della mia infanzia: l'eremita
Di ricordi, pensieri e capitalismo sfrenato
La cosa più triste del Natale quando hai 28 anni e che molte delle persone che popolano la tavolata dei tuoi ricordi non ci sono più. Chiudi gli occhi e provi a ricordare ma ogni anno che passa il velo che avvolge le loro figure diventa sempre più spesso. Di fantasmi che popolano la mia mente in questo periodo natalizio ce ne sono molti, ma oggi vorrei soffermarmi su uno di loro in particolare: l'eremita.
Paolo era uno dei miei vicini di casa, è morto che io avevo 12 anni, di lui ricordo molto poco ma tanto ho sentito raccontare. Dai miei compaesani veniva sopranominato Paolo U' Piritu a indicare un uomo caduto in disgrazia e così sembrerebbe se non fosse che la sua condizione era una scelta e non appunto una condizione.
Viveva in una baracca di lamiere con servizi igienici assenti nel mezzo della campagna dove sono cresciuta, aveva un mulo che utilizzava per spostarsi tra la campagna e il paese a dispetto delle sue condizioni di vita era un uomo particolarmente colto, leggeva libri di veterinaria per curare il suo mulo, era autodidatta in molte cose e possedeva molti libri. In Basilicata, ci è arrivato ormai adulto dopo una vita passata in giro per il nord Italia, membro anche del Touring Club. Dopo la sua morte tra le lamiere della sua baracca i suoi eredi hanno trovato un'importante fortuna in denaro.
Il suo passato nella parte più industrializzata del Paese e la discreta fortuna che ha accumulato negli anni mi lasciano pensare che in realtà la sua non era una condizione imposta dalla miseria ma una scelta. E mi dà da pensare come un uomo che abbia visto il capitalismo, l'opulenza della società dei consumi, i viaggi, il turismo, i beni materiali, abbia deciso di prendere i suoi libri e di vivere in un terreno sperduto, in una regione semidesertica circondato da lamiere e privo di servizi igienici.
Evidentemente di quella vita che molti osannano e considerano un ideale da raggiungere lui ha visto il lato oscuro, il ritmo frenetico, l'alienazione dell'individuo, l'isolamento dell'individuo, l'inquinamento, il consumismo e ha detto NO! come l'uomo in rivolta di Camus che inorridito davanti all'insensatezza della propria condizione si rivolta.
Quell'uomo che da piccola mi sembrava strano oggi mi appare come un profeta, come uno dei fantasmi di Canto di Natale di Dickens proiezione della mia mente pronta a ricordarmi che questa vita frenetica di città non è vita, che questa vita dedita al consumismo è nauseabonda.
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